Der Mensch in der Mitte


La concezione umanocentrica nel saggio Der Mensch in der Mitte.

Il capolavoro ideologico Der Mensch in der Mitte, uscito nell'aprile 1917, ripresenta in forma di volume gli scritti programmatici pubblicati a partire dal 1912 su "Die Aktion", "Die weißen Blätter" e "Das Ziel". Rubiner compie il tentativo più significativo di conciliare la prospettiva attivistica e quella eternista, lanciando un messaggio unitario. Con quest'opera Rubiner, animato da motivazioni morali, condanna il materialismo della società moderna, tentando di restituire alla dignità umana la piena coscienza dei suoi diritti. Al centro dei discorsi e dei saggi contenuti nella raccolta è posto l'uomo con le sue esigenze spirituali, ma viene esposto anche il programma teorico relativo alla società futura che non dovrà fondarsi tanto sulla giustizia, quanto sulla responsabilità generale verso i valori etici.

Rubiner esprime nella premessa la sua concezione attivistica, richiamandosi all'immagine del giudizio universale, per configurarlo enfaticamente come l'esortazione all'azione. Agire costituisce pertanto il valore che rivela all'uomo la misura dell'uomo:

"Täglich dröhnt vor uns das Jüngste Gericht auf. Täglich müssen wir uns dem Gerichtsspruch des Absoluten stellen. Einst war diese Gewissensstunde der Menschheit fürchterlichste Drohung und Henkersangst. Heut ist sie die letzte, die einzige Rettung. (...) Das Jüngste Gericht brüllt hinaus zur Welt mit allen Gigantenchören sternzitternder Wunderposaunen den schrillend hellen Schrei: Entscheidung!"

L'enunciazione del contenuto con cui si apre il saggio, sembra desunta da un annuncio propagandistico: Das Vorbild für die Ereignisse ist der Mensch. Der Mensch ist die Mitte der Welt. Il fulcro della concezione umanocentrica è rappresentato dallo scritto Legende vom Orient (1916) in cui Rubiner riconduce il carattere utopico del suo programma attivistico al misticismo chassidico del filosofo Martin Buber (1878-1965).

L'autore concepisce infatti la raccolta saggistica come un contributo critico al pensiero di Buber e alla sua opera programmatica Vom Geist des Judentums (1916). Rubiner condivide la posizione ideologica di Buber fondata sul valore assoluto dello spirito e sulla negazione dell'anima che esclude la spinta attivistica alla libertà, suggerendo al contrario l'idea terrena della passiva accettazione della realtà. Egli chiarisce l'antinomia spirito-anima in termini religiosi nel saggio Der Kampf mit dem Engel (1917):

"Die Welt könnte voller Wunder sein. Aber die Seele hält uns von ihnen zurück. (...) Das Denken tut das Wunder. Sonderlich die Seele wartet auf das Wunder. Die Seele wartet auf das Wunder, weil sie von ihm eine Bereicherung erhofft."

Buber riferisce tuttavia la sua concezione attivistica al popolo ebraico e distingue tra l'uomo orientale, definito motorio per la sua capacità di intervenire nel mondo e di cambiarlo con il suo divenire continuo, e l'uomo occidentale, sensorio, il cui pensiero è statico e si esprime in formule. Così Rubiner riassume il sistema filosofico di Buber:

"Bubers persönliches Verdienst ist es, die Voraussetzungen derer, für die er spricht, ganz außerordentlich gut formuliert zu haben. Die Voraussetzungen seien zwei große, differente Menschentypen. Sie werden der "motorische Mensch" und der "sensorische Mensch" benannt. Der sensorische Mensch sei im Abendländer zu finden. (...) Dieser sei der Rezeptive, der Mensch, der seine Umwelt aufnimmt und daraus die Welt findet. Sein Gegensatz, der motorische Mensch, trage unter dem Drucke einer Idee seine Welt in die Umwelt hinein. Der motorische Mensch sei der orientalische Mensch. Der reinste Typus des motorischen Menschen liege (...) im Juden."

L'autore impiega le categorie definite da Buber, eliminando la dicotomia nel momento in cui nobilita il tipo umano classificato come sensorio e tutela la disponibilità dell'uomo motorio all'azione di cui disconosce però il carattere religioso. Rubiner, che tende quanto più a laicizzare le posizioni di Buber, attribuisce pertanto all'uomo e non all'ebreo la volontà di scegliere il bene e di realizzare la solidarietà umana. L'intenzione polemica del saggio è confermata dal dissenso espresso dall'autore verso il sionismo. All'isolamento prodotto dalla passività morale dell'individuo, Rubiner collega l'isolamento che deriva dall'azione negativa e individualistica. Egli scorge nel sionismo il pericolo di un culto religioso e di un processo di unificazione che contribuisce a emarginare gli ebrei, diffondendo un forte sentimento nazionalistico:

"Der Zionist schiebt alles, was stark, bedeutend - womöglich neu - ist, auf Seite des Orientalen; alles Relativische auf Seite des Okzidents. O Typisierung! Ist es nicht Unrecht, mit Völkern und Jahrtausenden umzuspringen, nur um einige Begriffe zu destillieren? O dünnste aller Legenden!"

Al termine di questa esposizione critica nei confronti dei sionisti Rubiner pone l'interrogativo:

"Warum, fragt man, nicht der direkte Weg zur Menschheit, warum nicht unmittelbares Bekenntnis, hindernisloses Handhinreichen den Brüdern? Warum der versickernde Umweg über das Ghetto eines neuen Nationalismus?"

La domanda sorge dalla negazione dell'autorità, concepita in senso religioso e politico che non agisce a favore della collettività. Rivendicando un umanesimo rivoluzionario Rubiner riafferma la sacralità dell'azione che è voluta e provocata dalla volontà dell'uomo, considerato come individuo singolo all'interno della società. La libertà dell'individuo di decidere presuppone la corrispondenza tra i dati reali e l'istanza suprema dell'eternità. Egli collega l'azione con l'immagine ideale di una comunità dove la fede assume il significato di fiducia reciproca tra gli uomini e si esprime nella glorificazione del presente. Il trasferimento del concetto biblico dell'alleanza nella realtà sociale è motivato dalla convinzione che l'uomo può essere definito sulla base della volontà di agire:

"Der handelnde Mensch ist ein öffentlicher Mensch, kein Privatwesen. Ein Mensch des Zusammenhanges, nicht der Isolation. Das sind die Vorbedingungen für die Konstitution des handelnden Menschen. Man kann ihn, wenn man durchaus will, auch "motorisch" nennen. Ob er Orientale oder Abendländer ist, spielt, wie man sieht, bereits keine Rolle mehr."

Secondo l'autore il concetto di attività è connesso, in senso metafisico, alla trasformazione dell'universo. Nello scritto programmatico Homer und Monte Christo (1914) che apre la seconda parte del saggio, Schöpfungspläne, Rubiner denomina lo spazio cosmico Raum per indicare il luogo della co-esistenza, l'ambiente in cui l'uomo agisce soltanto se può esprimere se stesso, uscendo da sé. La sua azione estatica rappresenta pertanto l'autorealizzazione dell'individualità e il contributo dell'uomo al cambiamento del mondo. L'autore non è interessato pertanto a specificare l'identità del soggetto attivo, quanto a definire l'intensità dell'azione che ha origine dallo spirito dell'uomo. Di conseguenza il contesto sociale non svolge alcun ruolo nell'analisi dell'attività umana, che è riferita alla rinascita spirituale dell'individuo e del mondo.

Rubiner precisa in termini puramente filosofici la concezione attivistica, richiamandosi all'attualismo, a ogni dottrina che riconosca pertanto come principio dell'essere un atto. L'attualismo è una forma di idealismo che definisce per esempio l'attività dell'io infinito di Fichte e la realtà universale di Hegel, l'idea. L'elaborazione dell'attualismo da parte di Rubiner è già implicita nel titolo del manifesto che apre la prima parte del saggio, Aktualismus (1916). L'attualismo precisa secondo l'autore la natura etica dell'attivismo che recupera l'attualità eterna del pensiero stesso. Rubiner vede nell'azione la consacrazione del presente e assegna all'attività umana un valore morale, di per sé positivo perché inaugura ogni volta un momento divino in cui si rivela lo spirito dell'uomo. La violazione dell'ordine etico, l'atto negativo risiede secondo Rubiner nel non agire:

"Der Weg, den wir in die Ewigkeit nehmen, muß durch die Jetzigkeit gehen. Der Leib des Menschen ist nur einmalig, aber diese Einmaligkeit ist sein höchster Wert. (...) Wenn wir handeln, begehen wir oft Unrecht. Es ist falsch, darum vom Handeln abzulassen. Unsere Vereinzelung, die des Nichthandelnden, begeht viel größeres Unrecht."

L'imperativo dell'attivismo di Rubiner si configura come Unbedingtheit, che definisce la forza incondizionata dell'agire umano. L'atto, determinato storicamente come svolgimento irripetibile, indica un'identità senza tempo che è creazione e azione e annulla la conoscenza, nonché le precedenti forme di vita dello spirito. Il manifesto Die Änderung der Welt (1916), che apre l'ultima sezione Führung, è costituito da sedici pamphlets in cui l'autore descrive il processo attraverso il quale l'uomo partecipa al rinnovamento del mondo. Il punto di partenza è l'intensità del sentire individuale:

"Für den Geistigen hat Besitz gar keinen Sinn. Er wertet. Er ändert unablässig. Wie sollte er auf die Idee kommen, etwas festhalten zu wollen? Sein Hebeldruck zur Änderung der Welt ist nicht Besitz, sondern die höchste Immaterialität, das stärkste nur Innensein: die Intensität. Alle Änderung der Welt ist Projektion des Geistes auf die Welt."

La finalità generale di Rubiner, che costituisce il programma in sé, è di cambiare il mondo. Solo lo spirito offre all'uomo l'unica possibilità di progredire, di conquistare un punto di vista autonomo di fronte alla vita, libero da condizionamenti precedenti. L'autore giunge pertanto a ritenere che l'essenza dell'individuo sia un dinamismo evolutivo di tipo non materiale, ma spirituale. Nel settimo pamphlet Nieder das Erlebnis Rubiner riconduce i dati reali all'incessante divenire, negando il valore dell'esperienza che attesta l'inerzia della precedente attività del pensiero. Egli condanna l'Erlebnis come Besitzaberglaube, come il pregiudizio del possesso che inibisce la volontà e la responsabilità degli uomini e rifiuta, oppure contribuisce, a ritardare la rivoluzione. L'autore prende le distanze anche dall'evoluzionismo filosofico di Henri Bergson, che concepisce l'essenza dell'evoluzione creatrice come forza vitale, accessibile solo all'istinto. Bergson riduce i fenomeni e le contingenze della realtà naturale al dinamismo cosmico, irriducibile agli schemi quantitativi e che si manifesta nelle più diverse oggettivazioni. L'evoluzione delle specie viventi deriva, come sostiene Bergson nell'opera L'evoluzione creatrice (1907), dalle determinazioni di questo slancio vitale, espresso nelle due categorie dell'intelligenza e dell'istinto che agiscono anche nell'uomo.

Rubiner rifiuta questa distinzione e la funzione attribuita ai due caratteri in base alla quale l'intelligenza connessa con il sapere scientifico serve all'uomo per valutare e cambiare la realtà, mentre l'istinto collegato con l'arte e la filosofia ed elevato ad intuizione, gli permette di cogliere la tendenza più profonda del reale. Se i limiti del sapere scientifico sono superati dunque per mezzo dell'intuizione che rappresenta il supremo organo della conoscenza umana, l'uomo tuttavia secondo Rubiner non prende cognizione del processo dinamico perché si immedesima con lo slancio vitale. L'autore individua nel concetto di Einfühlung la scissione della facoltà conoscitiva che implica la comprensione passiva e parziale del divenire cosmico, non filtrata da una coscienza razionale:

"Die sogennante Intuition (man weiss: umfassendste lyrische Begründung vom grossen Praktiker der Einfühlung, Bergson) ist Begriffsmanscherei. Für feine Geniesser, Connoisseurs, Mitmacher: eine Hilfsvorstellung zur Rechtfertigung ihres Schwammdaseins."

La negazione dell'empirismo rappresenta secondo Rubiner il presupposto che relega l'uomo in un ambito autonomo. L'identità spirituale dell'individuo viene definita al di fuori del contesto sociale e politico e l'autore sostituisce il riferimento alla storia con un gesto distruttivo: Zerstört das Gewesene!. Con questa radicale eliminazione della pluralità dei concetti, Rubiner annulla la storia nella sua accidentalità, definendo la natura mitologica del passato, qualora il pensiero lo presupponga come realtà autonoma. La storia esiste pertanto solo nell'atto universale, creatore del pensiero, che si manifesta storicamente. Rubiner concepisce il cambiamento del mondo per mezzo dello spirito come una catastrofe costruttiva e riduce la storia nell'attimo in cui si compie il rovesciamento e la sostituzione della passata condizione umana con la nuova. Egli non razionalizza mai la violenza in funzione politica e configura la rivoluzione come die Heiligung des Lebens, come la realizzazione di un piano di creazione divina, a cui allude il linguaggio metaforico:

"Daß es nicht zu lehren, zu verbessern, zu entwickeln gilt - sondern zu beseitigen. Zu stören. Zu zerstören: Hindernisse zu sprengen; die Klumpen der Materie zur Explosion zu bringen. Auf daß ein Funke, ein Wissen ums Erste, eine Gewißheit vom Geist in uns allen plötzlich und gemeinsam hinaufspringe."

Nel saggio Brief an einen Aufrührer (1913) Rubiner si ricollega alla tradizione progressista e in particolare ai moti liberali del 1848, che celebra come Protestdatum, configurando l'attivismo come l'espressione dello spirito libero. Nell'impeto spontaneista verso la catastrofe Rubiner trasfigura la rivoluzione politica nell'esperienza distruttiva e mostra il sostrato utopico della sua concezione, ricorrendo ad una visione vitalistica e astorica. La metafora dell'atto demolitore è riconducibile sia al contesto storico del 1913, anno in cui il saggio viene pubblicato per la prima volta e precisamente allo stato autoritario guglielmino, sia all'artefice del suo declino, il ribelle che, anonimo nella sua identità sociale, cerca di affermarsi in virtù delle sue qualità critiche e intellettuali. Se la storia si risolve nel divenire del pensiero, lo spirito libero mostra la natura creatrice dell'atto del pensare che acquista la consapevolezza della sua autonomia. Rubiner precisa il contenuto proprio della concezione umanocentrica, collocando Dio nell'uomo, superando in questo modo i concetti astratti della religione. Lo spirito non indica più la condizione arazionale, entusiastica, guidata dall'ispirazione divina, ma afferma l'azione come l'imperativo della coscienza morale.

L'atto puro dello spirito costituisce un principio assoluto che pone se stesso e in se stesso tutta la realtà e rivela nelle azioni dell'uomo la misura del suo essere spirituale. La liberazione dell'individuo dalle determinazioni materialistiche viene definita da Rubiner come l'espressione del sentimento individuale indipendente dalla realtà oggettiva. Lo spirito diviene consapevole di sé come azione libera, creatrice ed eterna nell'identificazione reciproca dei diversi soggetti empirici. Secondo l'autore il senso dell'esistenza umana può essere colto nel principio dialogico, nella capacità di porsi in relazione con il prossimo, inteso come entità spirituale. Rubiner contrappone al mondo della libertà e dei rapporti personali il mondo dell'esperienza, della visione estraniata dell'uomo, che non considera il singolo come soggettività in comunione con gli altri, ma lo subordina al principio di causalità, come passiva oggettività. Il rinnovamento del mondo si compie pertanto per mezzo della conversione dialettica dello spirito in un nucleo umano che lo esprime, la Gemeinschaft.

La Gemeinschaft indica uno stato etico, assoluto in cui viene annullata la casualità dell'esistenza umana, sono identificati gli orientamenti particolari degli individui ed è riconosciuta la libera azione che non sottopone più il singolo alla dipendenza da una legge estranea alla sua volontà. Il fondamento della Gemeinschaft non prevede a priori l'integrazione dell'uomo come si compie all'interno della società, ma l'educazione della coscienza morale, che solo in una fase successiva si concretizza nella concezione di un ordine sociale e politico. L'attività pedagogica deve suscitare negli uomini il sentimento dello spirito e la convinzione di poter agire per la libertà. Il poeta, secondo Rubiner, possiede per sua natura l'energia necessaria per adempiere a questa missione universale. La proclamazione del poeta come il mediatore tra l'uomo e il mondo si ricollega alla condanna dell' Erlebnis: il letterato diventa il rappresentante della potenza creatrice dello spirito nel momento in cui rifiuta l'autorità del comportamento eletto a simbolo e nega la prerogativa dell'esperienza soggettiva, che recepisce la realtà come godimento estetico e pura contemplazione.

Il Führer spirituale è der öffentliche Mensch, in cui coesistono secondo Rubiner lo stimolo irrefrenabile alla rivoluzione, tipico dell'anarchico, l'elemento mistico-spirituale proprio alla formazione dell'intellettuale e la facoltà esecutiva del legislatore. Il letterato occupa pertanto una posizione ambivalente: si colloca al di sopra della collettività perché la sua levatura morale anticipa lo sviluppo intellettuale degli uomini e si integra tra gli individui, rinunciando ai vantaggi della gloria poetica per realizzare la sua missione. La dedizione al compimento dell'unità spirituale non gli conferisce pertanto alcun privilegio perché lo spirito secondo l'autore non riconosce il merito, ma il diritto. Rubiner acclama i letterati nel manifesto Hören Sie! (1916) come i rappresentanti della rinascita spirituale, esortandoli all'azione:

"Ihr Platz ist, Worte zu machen für Dinge, die gut sind. Für Menschliches, das kommen soll. Worte zu machen gegen Schändung des Geistes, Worte zu machen gegen Verrat am göttlichen Menschen, Worte zu machen!"

Il poeta cui l'autore si rivolge presenta un programma attivistico, che afferma l'arte sociale e nega la corruzione dell'estetismo propria dell'arte fine a se stessa. Rubiner si unisce a questo proposito a coloro che contribuiscono a rinnovare l'arte:

"Wir sind gegen die Musik - für die Erweckung zur Gemeinschaft. Wir sind gegen das Gedicht - für die Aufrufung zur Liebe. Wir sind gegen den Roman - für die Anleitung zum Leben. Wir sind gegen das Drama - für die Anleitung zum Handeln."

L'autore ricorre spesso a questo procedimento apodittico per dimostrare un'evidenza a priori che finisce per rendere inconfutabile anche il giudizio successivo. L'antitesi retorica richiama in modo enfatico e provocatorio la concezione dell'arte come il metodo per mediare contenuti sociali e politici e non come l'espressione che ricerca ed esalta i valori estetici. La condanna di Rubiner dell'arte convenzionale si manifesta nel rifiuto della produzione artistica concepita come una forma di leggero intrattenimento in virtù di un tradizionale riconoscimento di ruoli: il ruolo dell'azione attribuito all'autore per il quale l'arte costituisce il mezzo dell'autoaffermazione e il ruolo della passiva fruizione al pubblico.

L'arte deve elaborare secondo Rubiner un progetto che fa appello alle forze morali dell'uomo, stabilendo il fine da perseguire, la realizzazione della politica. La tesi della responsabilità politica dell'arte si basa sull'accordo tra l'impegno culturale del soggetto attivo e la coscienza sociale del letterato e implica l'equivalenza nell'atto educativo tra l'azione del poeta e dell'uomo. Rubiner non intende mostrare la forza sociale degli artefici della rinascita morale del mondo, ma quella forza umana che li rappresenta come un'entità integra e immutabile, come la speranza di realizzare l'opera di rinnovamento umano. Egli si rivolge pertanto a quel sottoproletariato, la cui esclusione dall'ordine costituito è indicativa dell'essere spirituale.

La simbologia della luce divina definisce anche l'ideale identità del letterato-profeta e la sua connaturata forza morale:

"Der Führer steht klein, eine zuckende Blutsäule, auf der schmalen Tribüne. Sein Mund ist eine rundgebogene Armbrust. (...) Seine Ringerarme kreisen weit hinein, überzeugend wie schlanke weiße Leiber, ins feindliche Menschenfeld. Seine Augen werfen im Horizontschwung leuchtende Flügel. (...) Der Führer spricht. Um ihn schweben auf und ab, ins Weite und zurück, ringend verschlungen seine Engel auf kristallenen Bergen."

Il saggio si conclude con un breve manifesto Neuer Beginn che riassume i temi affrontati negli scritti programmatici. L'autore suddivide secondo canoni storicistici tre epoche dell'umanità, seguendo uno schema che configura il passato in base a due sistemi scientifici e il presente in relazione alla profezia di un'era futura della rinnovata umanità:

"Verbrauchte Epochen der Menschheit: Das geozentrische Bewußtsein stellte das Einzelinteresse des Subjekts in die Mitte der Welt. (...) Das heliozentrische Bewußtsein stellte das Außermenschliche des Objekts in die Mitte der Welt. (...) Anbruch der neuen Zeit: Das humanozentrische Bewußtsein."

Paul Hatvani così commenta la nuova teoria evoluzionistica di Rubiner: "Damit ist die Entwicklung aus den Sternen gefallen und siehe, sie fiel ins Herz der Menschheit".

A questo annuncio programmatico segue un passo commemorativo, Erinnerung, per ricordare il ruolo svolto dalla rivista "Die Aktion" su cui Rubiner pubblica gran parte dei saggi contenuti nella raccolta antologica e per celebrare Franz Pfemfert, amico e compagno di lotta. Rubiner divulga la concezione umanocentrica come un manifesto politico che annulla la letterarietà della prosa tradizionale. Negli articoli e negli scritti programmatici l'autore intende lanciare un proclama, trasformando in questo modo la prosa in allocuzione pronunciata pubblicamente di fronte a un'assemblea, che però viene stordita dal tono declamatorio dell'esortazione e dalla forza estatica delle parole. Un esempio al riguardo è costituito dall'appello rivolto ai letterati contenuto nel necrologio al pittore francese André Derain, Der Maler vor der Arche (1916) che Rubiner immagina caduto in guerra:

"Ihr müßt selbst die Beherrscher eures Schicksals sein. Das ist keine Angelegenheit der Mystik sondern eine des Willens. Die Welt hat den Mythos vom Erlebnis aufgestellt, um euch leichter unter ihre Maschinengewehrkugeln zu kriegen. (...) Seid Ihr denn nicht Wesen, durchschienen vom Strahlen des Geistes? Seid Ihr nicht da, das Göttliche zu verwirklichen?"

L'impeto dell'invocazione è accentuato da una forte enfasi riconducibile all'inno religioso che di per sé ha un carattere coinvolgente. La prosa di Rubiner presuppone pertanto una tenace elaborazione concettuale al fine di imprimere alla lingua della pubblicistica, così in precedenza a quella della lirica, una spinta attivistica, che produce una sorta di delirio dell'azione. La ridondanza espressiva mostra la priorità dell'intenzione ideologica per cui la lingua adempie alla funzione divulgativa senza preoccuparsi dei valori artistici.